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giovedì 5 marzo 2009

Canta Mia Martini: voce, cuore e passione.


Un’ottima band, una bella regia e Enzo Gragnaniello ospite in un recital in cui, come sempre, la Martini non si è risparmiata. E’ stata brava, bravissima, più brava che mai, e ha chiuso in bellezza, con uno spettacolo saporito ed elegante il suo tour “Per aspera ad astra”.

Perfettamente a suo agio sia con le atmosfere raffinate dei nostri migliori cantautori sia con quelle del rock, del soul e del blues, Mia Martini si è riconfermata ancora una volta (madonna, quante volte) la voce italiana più bella, più generosa e più viva, e ha catturato il pubblico che gremiva il Sistina fin dalle prime note di Gli uomini non cambiano, il brano con cui ha rischiato di vincere l’ultimo Sanremo.

Forte delle sue splendide doti vocali, nonché di un’eccellente band (Mark Harris e Nico Gaeta alle tastiere, Giancarlo Parisi ai sassofoni, Massimo Fumanti alle chitarre, Maurizio Galli al basso e Walter Calloni alla batteria, tutti bravissimi e dal sound smagliante), degli arrangiamenti di Harris (più da club che da teatro, assai efficaci e variati, puntano all’accostamento voce-strumenti e lasciano ampio spazio ai solisti) e della bella regia di Pepi Morgia (che ha costruito, con luci e scenografie, un palco semplice ma di grande effetto e suggestione), Mia Martini ha creato subito quel magico clima che nasce solo quando a cantare è qualcuno che lo fa col cuore e con la passione, oltre che con una voce stupenda, ed è persino riuscita a sdrammatizzare la sua bravura e le atmosfere spesso drammatiche di diverse canzoni scherzando con rilassatezza fra un brano e l’altro.
Gli uomini non cambiano, Padre davvero, Piccolo uomo, Sola, Minuetto, Dove il cielo va a finire, Inno, Canto alla luna, Volesse il cielo (di Vinicius De Moraes), E non finisce mica il cielo di Fossati, Stelle , uno Spaccami il cuore di Paolo Conte (introdotto dalle prime battute del celebre gospel Nobody know the troubles I’ve seen) e ancora l’Almeno tu nell’universo che a Sanremo ’89 le ha fruttato un meritatissimo premio della critica, Africana (con Parisi alla zampogna), alcuni brani in coppia con Enzo Gragnaniello, cantautore di razza che ha firmato diversi pezzi degli ultimi album di Mia (Donna, l’intensa Cu’mme incisa a due voci con Roberto Murolo nell’ultimo album del maestro, Ottantavogliadicantare, un Luna rossa omaggio a Napoli, Scenne l’argiento), e poi La costruzione di un amore di Fossati, prologo al finale con Rapsodia, Lacrime e una bordata di bis invocati a gran voce dalla platea: questa la scaletta della serata, il cui incasso è andato all’Associazione per la cura del bambino cardiopatico.

E’ stato un bel concerto, che ha alternato con il giusto senso della misura e dello spettacolo i brani più intensi e intimi a quelli più spettacolari e trascinanti, e che non ha lesinato quelli affascinanti momenti in cui Mia canta accompagnata da un solo strumento (pianoforte, per esempio, o chitarra) e che, ci si perdoni per un paragone già usato e forse sacrilego, ricordano un po’ l’indimenticabile immagine della grande Billie Holiday.
Mia Martini, lasciatecelo dire, resta l’unica voce femminile italiana in grado di penetrare fra le pieghe del blues con la passione e la partecipazione che il blues esige, e di questi tempi non è davvero poco.
Di Fabrizio Zampa da “Il Messaggero” mercoledì 20 maggio 1992
Mia Martini in "Dove il cielo va a finire" da "Per aspera ad astra" live 1992
http://www.youtube.com/watch?v=V7MfepHc-O4

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